“L’istruzione è l’arma più potente che si può usare per cambiare il mondo”, diceva Nelson Mandela nel 1990 durante il discorso tenuto al Madison Park High School.

E la domanda nasce spontanea: qual è la scuola ideale per i nostri figli? Scuola pubblica o scuola privata? E soprattutto cosa succede se mamma e papà non sono d’accordo sulla scelta?

La soluzione dei contrasti sull’esercizio della cosiddetta responsabilità genitoriale relative a questioni di particolare importanza è affidata al Giudice Tutelare.

Quest’ultimo esercita una funzione genericamente conciliativa al fine di indurre i genitori a trovare una soluzione concordata.

Qualora i contrasti permangano il Giudice Tutelare attribuirà il potere di decisione al genitore che riterrà più idoneo ad attuare, nel caso specifico, l’interesse del figlio minore.

E’ proprio l’interesse “superiore” del minore che deve ricevere preminente considerazione in tutte le decisioni che li riguardano.

Al minore, capace di discernimento, non può essere negato il diritto di essere ascoltato per verificare le sue inclinazioni, le sue preferenze ed aspirazioni, soprattutto se si devono scegliere percorsi formativi che determineranno in modo significativo ed importante la sua vita futura.

L’omessa audizione del minore significa violazione di un diritto assoluto con inevitabili conseguenze come la nullità del processo e del provvedimento decisorio che lo conclude.

Sebbene l’audizione obbligatoria del minore in tutti i processi che lo riguardano sia ormai chiaramente percepita dalla giurisprudenza come l’espressione di un diritto inviolabile del minore, tuttavia questa idea ancora fatica moltissimo ad affermarsi nelle prassi dei tribunali.

Il Tribunale di  Milano, infatti,  con sentenza del 4 febbraio 2015,  ha stabilito che la figlia minore di una coppia divorziata avrebbe dovuto frequentare una scuola pubblica, così come chiesto dal padre e non un istituto privato internazionale come chiesto dalla madre.

La decisione del Tribunale di Milano, che non si affatto premurato di sentire la minore in questione, veniva così motivata : “[…] laddove non esista, o non persista, un’intesa tra i genitori a favore di qualsivoglia istituto scolastico privato e non emergano evidenti controindicazioni all’interesse del minore (in particolare riconducibili a sue insite difficoltà di apprendimento, a particolari fragilità di inserimento nel contesto dei coetanei, a esigenze di coltivare studi in sintonia con la dotazione culturale o l’estrazione nazionale dei genitori ecc.), la decisione dell’Ufficio giudiziario – in sé sostitutiva di quella della coppia genitoriale – non può che essere a favore dell’istruzione pubblica, secondo i canoni dall’ordinamento riconosciuti come idonei allo sviluppo culturale di qualsiasi soggetto minore residente sul territorio… Peraltro, la scelta del giudicante nel senso della scuola pubblica è una scelta “neutra” che non rischia di orientare il minore verso determinate scelte educative o di orientamento culturale in generale (e ciò, invece, potrebbe avvenire nella designazione di una scuola privata) […]”.

Ma siamo proprio sicuri che l’indirizzo scolastico cosiddetto neutro sia da preferire ad un orientamento culturale più specifico e caratterizzante, che può, invece, influire in modo determinante sulla formazione del minore?