Tutela dei minori

La tutela dei minori è finalizzata a favorire la crescita dei minori in un ambiente familiare idoneo al loro sviluppo psico-fisico, a garantire assistenza in caso di bisogno ed a prevenire un eventuale disagio sociale.
Nell’ambito della tutela minorile rientrano le azioni volte a:
- riconoscimento dei figli naturali;
- dichiarazione giudiziale di paternità o maternità;
- tutela;
- curatela.
Riconoscimento dei figli naturali
Il figlio “nato fuori dal matrimonio” può essere riconosciuto, dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento, sia congiuntamente che separatamente (art. 250 e ss c.c.).
Il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell’atto di nascita o con una apposita dichiarazione successivamente resa davanti all’ufficiale di stato civile, oppure può essere contenuto in un atto pubblico o testamento, e produce effetti immediati.
Per poter effettuare il riconoscimento del figlio naturale, il genitore deve aver compiuto 16 anni. In caso contrario, sarà necessaria l’autorizzazione del tribunale competente, dopo un attenta valutazione delle circostanze concrete e dell’interesse del figlio.
Se il figlio ha compiuto quattordici anni al momento del riconoscimento, è necessario che questi dia il proprio consenso.
Qualora il riconoscimento avvenga separatamente, invece, è richiesto il consenso del primo genitore che ha riconosciuto il figlio, se questi non ha ancora compiuto quattordici anni.
In caso di opposizione di un genitore al riconoscimento da parte dell’altro, si può proporre ricorso al tribunale ordinario e la sentenza di accoglimento sostituirà il consenso mancante.
Il riconoscimento non è revocabile e, se contenuto in un testamento, produce effetti dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento viene revocato.
In seguito al riconoscimento, si costituisce il rapporto di filiazione tra figlio e genitore che lo ha riconosciuto ed entrambi assumono reciproci diritti e doveri.
Si instaura, inoltre, il rapporto di parentela tra il figlio riconosciuto ed i parenti del genitore (art. 258 c.c.).
Se il figlio viene riconosciuto contemporaneamente da entrambi i genitori assume il cognome del padre, altrimenti del genitore che lo ha riconosciuto per primo. Se il padre lo riconosce dopo la madre, il figlio può scegliere se assumere il cognome dello stesso aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.
Dichiarazione giudiziale di paternità o maternità
E’ l’azione diretta ad accertare, attraverso un giudizio, la genitorialità nei confronti di un soggetto che non abbia lo stato di figlio (art. 269 e ss. c.c.)./ è l’azione giudiziale attraverso cui il soggetto nato fuori dal matrimonio può conseguire lo status di figlio naturale indipendentemente da un atto di volontà del padre o della madre.
L’azione può essere proposta dal figlio maggiorenne oppure, in caso di morte di quest’ultimo prima di avere iniziato l’azione, dai suoi discendenti entro due anni dalla morte.
Può anche essere promossa, nell’interesse del minore, dal genitore che esercita la responsabilità genitoriale oppure dal tutore previa autorizzazione del tribunale, ed in tali casi è necessario il consenso del figlio se questi ha compiuto i sedici anni di età.
La domanda si propone nei confronti del presunto genitore o dei suoi eredi; se mancano tali soggetti la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice.
Non è in ogni caso ammissibile l’azione richiesta al di fuori dei casi in cui il riconoscimento è ammesso.
La prova del rapporto di filiazione può essere data con ogni mezzo.
In particolare, la maternità è dimostrata provando l’identità di colui che si pretende essere figlio con colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.
Per quanto riguarda la paternità, la sola dichiarazione della madre e l’esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità. Occorrono, pertanto, prove ulteriori, che possono consistere in testimonianze le quali, tuttavia, da sole sono insufficienti.
Il mezzo di prova che senz’altro consente di ritenere accertato lo status di figlio nei confronti del presunto padre è il test del DNA. E’ frequente, tuttavia, che il genitore rifiuti di sottoporsi agli esami ematologici richiesti: in tali casi, il rifiuto può essere interpretato dal giudice, unitamente ad altri elementi di prova, quale implicita ammissione di paternità.
La sentenza che dichiara la filiazione produce gli stessi effetti del riconoscimento (art. 277) e, quindi, implica per il genitore tutti i doveri propri della filiazione legittima, incluso quello del mantenimento.
Tutela
Il tutore è previsto per assicurare la cura della persona minore di età nei casi in cui vengano a mancare i genitori o questi ultimi non possano esercitare la potestà genitoriale, ad esempio perché dichiarati decaduti o sospesi da provvedimento dell’Autorità Giudiziaria o nei casi di dichiarazione di assenza, morte presunta, incapacità oppure di residenza all’estero dei genitori.
E’, a tutti gli effetti, un rappresentante legale preposto alla cura e alla gestione degli interessi, patrimoniali e non, del minore (art. 357 c.c.), ed ha gli stessi poteri ed esercita funzioni analoghe a quelle dei genitori, pur essendo soggetto al controllo da parte del Giudice tutelare
In particolare, il tutore potrà compiere tutti gli atti, di ordinaria e straordinaria amministrazione, che reputa necessari per la conservazione del patrimonio o al fine di garantire la produttività dello stesso, nell’interesse esclusivo del rappresentato.
Per il compimento di una serie di atti è richiesta l’autorizzazione del Giudice tutelare (ad esempio, per investire capitali o contrarre obbligazioni, accettare o rinunciare ad eredità e donazioni); per altri, invece, occorre l’autorizzazione del Tribunale, su parere del Giudice tutelare (ad esempio, per costituire pegni o ipoteche, per alienare beni).
Ogni anno il tutore deve presentare al Giudice tutelare il rendiconto relativo all’amministrazione del patrimonio del tutelato.
Il tutore viene nominato dal Giudice tutelare del tribunale di residenza o dimora abituale del minore, appena ricevuta la notizia del fatto da cui derivi l’apertura della tutela da parte dei familiari o altri soggetti (dall’ufficiale di stato civile, in caso di decesso del genitore con figli minorenni o nascita da genitori sconosciuti, dal notaio in caso di testamento che preveda la nomina del tutore o dal cancelliere in caso di deposito in cancelleria di un provvedimento da cui derivi l’apertura di una tutela ).
Il tutore è di regola la persona designata dal genitore che per ultimo ha esercitato la responsabilità genitoriale; tale designazione può avvenire per testamento, per atto pubblico o scrittura privata autenticata.
In mancanza, o se vi sono gravi motivi, il Giudice tutelare deve scegliere il tutore preferibilmente tra gli ascendenti, altri parenti prossimi o affini. In ogni caso deve trattarsi di persona maggiorenne di ineccepibile condotta.
Se il Giudice tutelare non riesce ad individuare alcuna persona idonea a ricoprire l’ufficio di tutore, può essere investita della tutela l’amministrazione locale o un ente di assistenza che poi operano attraverso un incaricato, provvedendo a svolgere direttamente l’attività di rappresentanza o assistenza.
Colui che viene nominato non può sottrarsi alla nomina, a meno che abbia più di 65 anni, tre figli minori, sia gravemente ammalato, eserciti già altra tutela.
Il Giudice può nominare, oltre al tutore, un protutore con funzione di rappresentare il minore in caso di conflitto di interessi tra quest’ultimo ed il tutore. Il protutore può inoltre sostituire il tutore per gli atti urgenti qualora questi venga a mancare o abbia abbandonato la funzione; in questo caso spetterà al protutore promuovere la nomina del tutore.
Il tutore legale può essere revocato in ogni momento in caso di grave negligenza, abuso dei poteri, immeritevolezza dell’ufficio, anche a causa di atti estranei alla tutela, o insolvenza
Curatela
Il curatore speciale del minore viene nominato d’ufficio dal Tribunale nei casi in cui sia necessario rappresentare il minore, temporaneamente privo di rappresentanza, all’interno dei procedimenti giudiziari che lo coinvolgono, oppure su richiesta del Pubblico Ministero nei casi in cui emerga un conflitto d’interesse tra i genitori e il minore (art. 78 c.p.c.).
Nell’ipotesi prevista dal primo comma di tale disposizione, la funzione della nomina è quella di supplire alla temporanea mancanza di un rappresentante e, nel momento in cui la situazione che ha determinato la nomina sia cessata, la nomina viene immediatamente revocata.
Diversa è la situazione in cui il curatore venga nominato nell’ipotesi in cui vi sia un conflitto d’interessi tra i genitori e i figli minori, conflitto che può essere sia di carattere patrimoniale, sia di natura pregiudiziale, in tutti i casi in cui sia pendente un procedimento in cui si ravvisi una situazione di grave pregiudizio per il minore all’interno della propria famiglia.
La nomina del curatore speciale del minore avviene perlopiù nei procedimenti presso il Tribunale per i Minorenni aventi ad oggetto la limitazione della responsabilità genitoriale o nei procedimenti di separazione o divorzio allorquando i rapporti tra genitori siano connotati da elevata conflittualità.
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