L’inabilitazione
L’inabilitazione è una misura di protezione giuridica che presuppone una condizione di infermità parziale o situazioni sociali tali da mettere a rischio gli interessi della persona.
L’INABILITAZIONE: COS’E’ E COME FUNZIONA
L’inabilitazione giudiziale è una misura di protezione che può essere richiesta nei confronti del maggiorenne infermo di mente il cui stato non sia tanto grave da far luogo all’interdizione.
Può essere inabilitato anche colui che, per prodigalità o per l’abituale abuso di sostanze psicotrope o etiliche, espone se stesso o la famiglia a gravi nocumenti economici.
Può essere, infine, inabilitato il sordo e il non vedente dalla nascita se non ha ricevuto un’educazione sufficiente e sempre che risulti del tutto incapace di provvedere ai propri interessi (art. 415 c.c.).
Il giudizio di inabilitazione è analogo a quello di interdizione.
Con la sentenza che dichiara l’inabilitazione viene disposta la nomina di un curatore, scelto di preferenza tra il coniuge che non sia separato, il padre, la madre, un figlio maggiorenne o la persona designata con testamento dal genitore superstite.
L’inabilitazione giudiziale produce i suoi effetti dal giorno della pubblicazione della sentenza, a meno che non sia pronunciata nei confronti di un minore non emancipato.
In questo caso la sentenza produce i suoi effetti dal giorno del compimento degli anni 18.
Gli effetti dell’inabilitazione
L’inabilitazione giudiziale ha come effetto la limitazione della capacità di agire dell’inabilitato (ovvero della capacità di disporre dei propri diritti e, attraverso la manifestazione di volontà, di assumere impegni giuridicamente rilevanti), e conferisce al curatore il potere di integrare la volontà dell’inabilitato senza sostituirsi allo stesso.
In pratica, l’inabilitato viene equiparato al minore emancipato e può pertanto compiere validamente tutti gli atti di ordinaria amministrazione.
Per gli atti di straordinaria amministrazione, invece, è necessaria l’assistenza del curatore, anche se la sentenza può stabilire che taluni di questi atti possano essere validamente compiuti dal solo inabilitato (art. 427 c.c.).
E’ altresì, necessaria l’autorizzazione del Giudice tutelare o del Tribunale.
Cosa succede in caso di conflitto tra curatore e inabilitato?
Qualora nascano dei conflitti o il curatore rifiuti il suo consenso per il compimento di alcuni atti, l’inabilitato può ricorrere al Tribunale che, se stima ingiustificato il rifiuto, nomina un curatore speciale.
L’incarico del curatore non può essere conferito per un periodo maggiore di dieci anni ad eccezione del coniuge, della persona convivente, degli ascendenti e dei discendenti.
Qualora venissero meno i presupposti che hanno condotto all’inabilitazione, essa può essere revocata in qualsiasi momento con sentenza del Tribunale su istanza del coniuge, del convivente, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado, del tutore, del pubblico ministero.
Se il Tribunale, pur riconoscendo fondata l’istanza di revoca, ritiene opportuno che l’inabilitato sia assistito da un amministratore di sostegno trasmette, d’ufficio, gli atti al Giudice tutelare affinché apra la relativa procedura di amministrazione di sostegno.
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Francesca Forani
Avvocato dal 1994
Si occupa prevalentemente di diritto di famiglia, gestione patrimoniale della famiglia e diritto successorio. E’ socia ONDIF – Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia e dell’Associazione Il Trust in Italia.
Elisabetta De Santis
Avvocato dal 2011
Si occupa prevalentemente di diritto civile e diritto di famiglia. È socia AIAF – Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori.