Interdizione e Inabilitazione

La capacità di agire si sostanzia nella capacità di disporre dei propri diritti e, attraverso la manifestazione di volontà, di assumere impegni giuridicamente rilevanti. Nel caso in cui la capacità di agire sia esclusa o limitata a causa di alterazioni delle facoltà mentali o di altre menomazioni, intervengono gli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione

Tali misure, la cui costituzione, modificazione ed estinzione devono essere sempre comunicate all’ufficiale di stato civile che le annoterà a margine dell’atto di nascita, sono sempre revocabili al venir meno delle condizioni che ne hanno resa opportuna l’adozione.

  • Interdizione

L’interdizione riguarda il maggiorenne, il minore emancipato (ossia il minore che ha contratto matrimonio e che si considera ’emancipato’ di diritto) o il minore non emancipato nell’ultimo anno della minore età (in questo caso gli effetti dell’interdizione si producono, dal primo anno della maggiore età), che versi in una condizione di abituale infermità di mente e che per questo sia totalmente incapace di provvedere ai propri interessi (art. 414 c.c.).

Legittimati a presentare istanza di interdizione sono il diretto interessato, il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore o il curatore, ovvero il pubblico ministero. Se si tratta di minore, l’interdizione può essere richiesta solo da uno dei genitori che ancora esercitano su di lui la responsabilità genitoriale oppure dal Pubblico Ministero. È necessaria l’assistenza legale.

Il Tribunale competente a ricevere l’istanza di interdizione di un soggetto maggiorenne è quello in composizione collegiale del luogo dove questi ha la residenza o il domicilio. Per il minore e il minore emancipato la competenza spetta al Tribunale per i minorenni.

Qualora emergano ragioni di opportunità, il Giudice istruttore incaricato della trattazione della causa può nominare un tutore provvisorio che esercita, seppur per un periodo di tempo circoscritto al giudizio, le stesse funzioni del tutore. Sino alla pronuncia di interdizione, lo stesso Giudice può revocare, anche d’ufficio, la nomina.

Durante la fase istruttoria il Giudice acquisisce tutte le informazioni utili a valutare la necessità di un provvedimento di interdizione.

A tal fine, è obbligatorio procedere all’esame del destinatario della misura di protezione, per valutarne le condizioni fisiche e psichiche (art. 419 c.c.)

L’istanza di interdizione viene accolta dal Tribunale ovvero rigettata con sentenza. Il Tribunale può anche pronunciare d’ufficio l’inabilitazione a fronte di una domanda di interdizione, nonché trasmettere gli atti del giudizio al Giudice tutelare affinché si pronunci sulla nomina di un amministratore di sostegno.

Laddove l’istanza venga accolta, gli effetti dell’interdizione decorrono dal giorno della pubblicazione della sentenza (art. 421 c.c.). Nel caso di incapace minorenne, l’interdizione avrà effetto dal giorno in cui il minore diventa maggiorenne (art. 416 c.c.).

La sentenza che dichiara l’interdizione giudiziale provvede anche alla nomina del tutore, che viene scelto di norma nell’ambito del nucleo familiare e, in alternativa, tenendo conto dell’esclusivo interesse del beneficiario.

L’incapace maggiorenne o minorenne emancipato, in seguito alla dichiarazione di interdizione pronunciata dal Tribunale, ritorna allo stato giuridico del minorenne,

L’interdizione giudiziale, infatti, ha come effetto la totale incapacità di agire dell’interdetto, a cui si sostituisce il tutore per il compimento degli atti ad esso spettanti, ad eccezione degli  atti personalissimi, che devono essere comunque compiuti sotto la supervisione del tutore.

Una volta nominato, il tutore dell’interdetto può porre in essere gli atti di ordinaria amministrazione necessari alla vita dell’interdetto, gestendo il patrimonio senza intaccarlo.

Per gli atti di straordinaria amministrazione, invece, il tutore dovrà essere autorizzato dal Giudice tutelare o dal Tribunale, a seconda dell’importanza e della complessità dell’atto da compiere (artt. 374 e 375 c.c.).

La sentenza che pronuncia l’interdizione può stabilirsi che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall’interdetto senza l’intervento ovvero con l’assistenza del tutore (art. 427 c.c.).
L’interdizione giudiziale può essere revocata in qualunque momento con sentenza del Tribunale, se vengono meno i presupposti dell’interdizione e previa istanza del tutore, del Pubblico Ministero, del coniuge, del convivente, dei parenti (entro il quarto grado) e degli affini (entro il secondo grado).

Il Tribunale che ritenga fondata la domanda di revoca, ma che non sia convinto della riacquistata capacità dell’interdetto, può decidere di revocare l’interdizione, trasmettendo contestualmente gli atti al Giudice tutelare affinché apra una procedura per un amministratore di sostegno.

  • Inabilitazione

L’inabilitazione può essere richiesta nei confronti del maggiorenne infermo di mente il cui stato non sia tanto grave da far luogo all’interdizione. Può essere inabilitato anche colui che, per prodigalità o per l’abituale abuso di sostanze psicotrope o etiliche, espone se stesso o la famiglia a gravi nocumenti economici
Può essere, infine, inabilitato il sordo e il non vedente dalla nascita se non ha ricevuto un’educazione sufficiente e sempre che risulti del tutto incapace di provvedere ai propri interessi (art. 415 c.c.).

Il giudizio di inabilitazione è analogo a quello di interdizione.

Con la sentenza che dichiara l’inabilitazione viene disposta la nomina di un curatore, scelto di preferenza tra il coniuge che non sia separato, il padre, la madre, un figlio maggiorenne o la persona designata con testamento dal genitore superstite.

L’inabilitazione giudiziale produce i suoi effetti dal giorno della pubblicazione della sentenza, a meno che non sia pronunciata nei confronti di un minore non emancipato. In questo caso la sentenza produce i suoi effetti dal giorno del compimento degli anni 18.

L’inabilitazione giudiziale, infatti, ha come effetto la limitazione della capacità di agire dell’inabilitato, e conferisceal curatore il potere di integrare la volontà dell’inabilitato senza sostituirsi allo stesso.

In pratica, l’inabilitato viene equiparato al minore emancipato e può pertanto compiere validamente tutti gli atti di ordinaria amministrazione.

Per gli atti di straordinaria amministrazione, invece, è necessaria l’assistenza del curatore, anche se la sentenza può stabilire che taluni di questi atti possano essere validamente compiuti dal solo inabilitato (art. 427 c.c.). E’ altresì, necessaria l’autorizzazione del Giudice tutelare o del Tribunale.

Qualora nascano dei conflitti o il curatore rifiuti il suo consenso per il compimento di alcuni atti, l’inabilitato può ricorrere al Tribunale che, se stima ingiustificato il rifiuto, nomina un curatore speciale.

L’incarico del curatore non può essere conferito per un periodo maggiore di dieci anni ad eccezione del coniuge, della persona convivente, degli ascendenti e dei discendenti.

Qualora venissero meno i presupposti che hanno condotto all’inabilitazione, essa può essere revocata in qualsiasi momento con sentenza del Tribunale su istanza del coniuge, del convivente, dei parenti entro il quarto grado, degli affini entro il secondo grado, del tutore, del pubblico ministero.

Se il Tribunale, pur riconoscendo fondata l’istanza di revoca, ritiene opportuno che l’inabilitato sia assistito da un amministratore di sostegno trasmette, d’ufficio, gli atti al Giudice tutelare affinché apra la relativa procedura di amministrazione di sostegno.

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